Nella gerarchia del kendo, l’ottavo dan è il massimo grado per un kendoka vivente. Esiste solo un ottavo dan di kendo “non” giapponese nel mondo, Roberto Kishikawa, nazionale brasiliano e di chiara origine giapponese. Quindi, quando vengono in Italia degli ottavi dan, cerchiamo di non farci sfuggire l’occasione per praticare con loro.
Così è successo l’altra sera dagli amici del Kenyukai Novara, che hanno organizzato un allenamento col sensei Katsuyoshi Ishii, della città di Tamura, prefettura di Fukushima, in visita in Italia e ospite di vari dojo.
Il maestro arriva e si introduce come un sessantenne molto simpatico e sorridente: si presenta leggendo qualche breve frase in italiano scritta su un quadernetto (cosa molto apprezzabile, vista la difficoltà e la riluttanza dei giapponesi a parlare le lingue straniere), e poi, dato che è anche un calligrafo (altra arte tradizionale giapponese, lo shodo), distribuisce a tutti i presenti delle calligrafie da lui composte.


L’allenamento, guidato da Umberto Leonardi, si svolge con i classici momenti di riscaldamento, esercizi con lo shinai e, una volta messo il men, l’esecuzione di tecniche di attacco e attacco/risposta. L’energia è tanta, il maestro in un angolo con un giovane allievo a fare esercizi sembra disinteressato, ma in realtà osserva con attenzione e interviene nelle correzioni quando vede che l’esecuzione è generalmente sbagliata. Poi dichiara che vuole fare jigeiko con ognuno dei presenti e ci schieriamo per il mawarigeiko (gigeiko a rotazione) da un minuto e mezzo a testa. In tutto, quaranta minuti. Il primo è col maestro e apprezziamo la sua pulizia e precisione.
E alla fine, sudati e sfiniti, altri cento chilometri e torniamo alla base con un pezzettino di esperienza in più e il piacere di aver conosciuto un altro maestro.
Gli 8° dan coreani od americani non contano?
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Certo che sì. Intendevo che l’occasione era per noi preziosa e che, comunque, il monopolio degli ottavi dan è giapponese
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